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ESPONETE LE VOSTRE CONSIDERAZIONI DI ORDINE STORICO E ANTROPOLOGICO EMERSE IN SEGUITO ALL’APPROFONDIMENTO SU SCHIAVISMO E COLONIALISMO IN AFRICA. Fino alla metà del secolo scorso, parlare di "civiltà africana" era ritenuto un assurdo persino dagli storici: molti libri, come ad esempio "La philosophie bantù" (1949), furono censurati ed i loro autori rimandati nella propria patria, considerati quasi come pazzi. Tutti credevano che prima dell’arrivo degli Europei e del loro progetto di "civilizzazione", in Africa fossero tutti cannibali, incivili, privi di un credo religioso, completamente ignoranti. L’espansione degli abitanti del nuovo continente nei territori africani fu motivata da esigenze commerciali e militari e accompagnata dalle suddette teorie razziali e religiose che sostenevano la superiorità civile degli Europei rispetto alle culture dei popoli colonizzati e "l’obbligo morale" di governare e di cristianizzare gli indios. Dopo la scoperta dell’America ed il suo sfruttamento, sia delle materie prime che degli abitanti, si era rivelato necessario l’impiego di altre forze lavoro, dato che tutti gli "indiani" d’America erano stati annientati dalle malattie europee e dall’ipersfruttamento. Così, come aveva consigliato anche il famoso Bartolomeo De Las Casas, furono inviate truppe sulle coste africane e nell’interno a prelevare gli indigeni per portarli nelle piantagioni di cotone americane. Ebbe così inizio la cosiddetta "tratta dei neri", protrattasi fino al XIX secolo inoltrato. Soprattutto nel ‘700, nell’epoca dell’Illuminismo, poiché i territori conquistati all’Europa aumentavano, di conseguenza aumentava anche il numero di schiavi deportati. Questi, una volta sottratti alla propria famiglia venivano incatenati e fatti camminare per centinaia e centinaia di chilometri per raggiungere le coste e le navi, dove venivano stipati nelle stive. Erano per la maggior parte di sesso maschile, tra i quindici e i trent’anni e, nonostante la giovane età, spesso non riuscivano neppure a giungere alle piantagioni a causa del disumano viaggio in nave, durante il quale, se si ammalavano, venivano gettati in mare per non dover sostenere cure mediche. Una volta giunti venivano osservati e analizzati come animali dai potenziali acquirenti, che li contrattavano con i padroni delle navi che li avevano comprati in Africa come fossero mobili o altri oggetti. Obbligati ad orari insostenibili nelle piantagioni, sopravvivevano alle dure condizioni imposte non più di dieci anni al massimo, spesso meno. Le ribellioni, soffocate nel sangue, portavano molto raramente a buon fine, sebbene qualche comunità di schiavi riusciti a fuggire sia sopravvissuta anche per decenni. I quindici milioni di neri deportati sono stati però solo la "punta di un iceberg": nel XV secolo in Africa la popolazione ammontava a 90 milioni, in Asia a 220 e in Europa a quasi 100. Dopo tre secoli, mentre l’Europa era salita a 2090 milioni di abitanti e l’Asia a quasi 600, l’Africa era rimasta ai 90 milioni a cui era nel 1400, prima dell’avvento europeo. Potrebbe apparire strano il fatto che, soprattutto nel periodo illuminista, la schiavitù sia stata protratta senza alcuna remora morale: ciò è facilmente spiegabile perché il commercio degli schiavi era senz’altro molto redditizio e faceva guadagnare tutti, compresa la Chiesa. Con la rivoluzione francese la schiavitù era stata abolita in Francia nel 1794, poi era stata reintrodotta da Napoleone pochi anni dopo, per essere definitivamente eliminata nel 1833;in Inghilterra era finita nel 1848, negli Stati Uniti nel 1865, a Cuba nel 1886 e in Brasile nel 1888. Ovunque la Grande Tratta ha avuto termine nel XIX secolo inoltrato. Con la fine della schiavitù, l’Africa fu per un breve periodo lasciata in pace fintantoché, dopo varie esplorazioni nelle zone più interne ancora sconosciute, gli Europei non si resero conto delle grandi quantità di materie prime disponibili da sfruttare, nonché dei grandi territori coltivabili nelle zone meno torride. Il famoso esploratore J.Livingstone si recò nel Congo Belga in spedizione ricognitiva, ma essendosi disperso, fu mandato a cercare da H.N.Stanley, notissimo giornalista britannico: egli non solo riportò in patria il missionario, ma riferì al sovrano dal quale aveva ricevuto l’incarico di recarsi in Africa, importanti notizie relative alla grande ricchezza riscontrata nelle zone esplorate ed anche alla debolezza degli indigeni da un punto di vista difensivo. Queste condizioni si rivelarono estremamente favorevoli alla conquista. I modelli di colonialismo principali furono quello francese e quello inglese: il primo tendeva ad "assimilare" la cultura africana alla propria, nel tentativo di trasformare gli indigeni in "veri cittadini di Francia", mentre il secondo si limitava a "controllare" la massa delle popolazioni locali, lasciando loro, in maniera relativa, una certa autonomia. Gli Olandesi, in particolare i contadini Boeri, gli unici non mescolatisi con la gente del luogo, si dichiaravano "inviati dal Signore" e per questo in diritto di colonizzare; inoltre sostenevano di essere loro i veri africani, dicendo di essere arrivati in terre disabitate e ricorrendo alla Bibbia in cui è narrata la storia della maledizione di tutti i neri, discendenti di Cam e fatti di natura per essere schiavi. Quando il colonialismo ebbe termine, nel 1888 fu riunito il Congresso di Berlino, in cui si decise cosa fare dell’Africa: essa fu divisa, a tavolino, in nazioni, ognuna delle quali assegnata ad uno stato europeo. I conflitti già esistenti all’interno delle popolazioni africane prima del colonialismo furono acuiti e tuttora ne rimangono tracce. Attualmente, la crisi del petrolio, la siccità, la recessione e la crisi di "liquidità" nel 1979 con il parallelo "blocco dei prestiti", hanno rivelato la voragine del debito africano: circa 290.000 milioni di dollari, cifra più di una volta superiore al prodotto lordo della nazione. L’Africa e le sue popolazioni risposero al colonialismo a seconda della fase in cui si trovavano nel ciclo di sviluppo e decadenza: se un popolo era in declino, il suo capo aveva valide motivazioni per cercare un accordo con i nuovi invasori, ma se, al contrario, era in ascesa, preferiva resistere alla colonizzazione fino alla fine, sebbene a volte decidesse di scendere subito a patti per evitare la distruzione del proprio villaggio e della propria gente. Il colonialismo portò repressione e ostacoli alla libertà africana, ma permise anche una riorganizzazione sociale e la creazione di nuove attività economiche, avendo applicato l’organizzazione capitalistica ai settori più sviluppati dell’economia africana e creando così le basi per la modernizzazione di questa. Secondo alcuni, però, il colonialismo non era riuscito a creare una classe di borghesi o di imprenditori che potesse trarre profitto dal capitalismo e dunque non ha, a parer loro, accelerato affatto il progresso, mentre, per altri, non ha avuto alcuna influenza su di esso. Questo da un punto di vista economico; ma il colonialismo e lo schiavismo hanno avuto ripercussioni anche di altro tipo sulle popolazioni africane, prime fra tutte quelle religiose, con l'obbligo forzato della conversione e dell’abbandono delle millenarie tradizioni dell’Africa. La schiavitù è senz’altro stata uno dei più eclatanti fenomeni che testimoniano la "disumanità dell’essere umano", che per il proprio tornaconto non si fa alcuno scrupolo a torturare e a sfruttare un suo simile con la scusa del diverso colore della pelle. Veronica FRILLI (II C) |