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Utopia
Utopia
di Tommaso Moro, isola felice situata in un luogo non luogo, galleggia nelle
fantastiche aspirazioni di molti. La
tematica da cui scaturisce è quella del viaggio, attraverso cui l'uomo ha la
possibilità non solo di conoscere e allargare i propri confini, ma anche di
sfuggire all'opprimente realtà quotidiana, per ritrovarsi in un mondo, reale o
fantastico che sia, privo di costrizioni e ingiustizie sociali. Il
libro, pubblicato nel 1516,è la conseguenza di un periodo caratterizzato da un
fervente rivoluzionamento della cultura europea, dovuto ai recenti viaggi nel
nuovo mondo, infatti è proprio lì che Moro situerà la sua isola felice. Questa
voglia di sfuggire al mondo di sempre e ritrovare se stessi, non rappresenta però,
solo una semplice evasione nella fantasia, ma piuttosto un serio intento di
analisi e di riforma per dare alla luce un vero e proprio stato perfetto. Strutturalmente
Utopia è divisa in due libri. Il primo è dedicato a Pieter Gilles
(1486-1533),letterato e funzionario di Anversa, allievo di Erasmo da Rotterdam,
il quale presenterà a Moro Raffaele Itlodeo, l'immaginario navigatore, che
accorto come Ulisse e speculatore come Platone, aveva scoperto l'isola felice.
E' infatti fra questi personaggi che si tesse la conversazione attraverso cui si
viene trasportati nell'Inghilterra di
Enrico VIII, ne vengono infatti analizzate le condizioni sociali e gli abusi
dovuti al capitale terriero che, avendo creato intorno a sè un oligopolio delle
ricchezze, aveva condotto la maggioranza dei lavoratori nella miseria. Infatti i
ricchi avevano comprato e cinte le terre, controllando monopolisticamente il
mercato. Anche lo stesso re, occupandosi meno volentieri della pace che della
guerra, preferisce conquistare altre terre, piuttosto che governare bene quelle
che già possiede. Accecato dalla brama di accumulare ricchezze, vive nella
superbia, ritrovandosi a governare un popolo che affoga nella povertà, che per
sopravvivere non può che darsi al brigantaggio al ladrocinio. A questi reati lo
stato risponde con la pena di morte, senza evitare, invece, che i ricchi
continuino a dare sfogo alla propria avidità, vivendo nell'ozio, e che i
contadini privati della propria terra, e assaliti dalla fame imparino a rubare.
Così facendo è come se fosse lo stato stesso a indurre gli abitanti a
diventare ladri per poi impiccarli. Si mette così sullo stesso piano la vita di
un uomo e la ricchezza materiale. Dio ha vietato di uccidere sia il prossimo che
se stessi e l'uomo invece, è pronto a farlo per il denaro, sostituendo alla
verità divina le sue false delibere. Per rendere possibile il contrario, i
governanti dovrebbero riuscire ad accontentarsi del proprio territorio,
arricchendolo e facendolo progredire, amando i propri sudditi così da farsi
amare essi stessi, ovvero il compito primario di un re dovrebbe essere quello di
pensare al suo popolo, "così come quello di un pastore è di nutrire il
proprio gregge prima ancora che se stesso". E'
altrettanto impossibile governare bene uno stato che si basa sul denaro, in cui
vige la proprietà privata; tutto ciò infatti va a vantaggio di un processo
fondato sull'ingiustizia che premia i pochi e distrugge i molti. E'
per questo che le leggi utopiane, oltre ad essere poche e di facile
interpretazione, vietano la proprietà privata, con una conseguente
distribuzione equa dei beni. Anche
Platone avrebbe voluto nel suo stato quel principio: aveva capito che l'unica
via da perseguire, affinchè tutta la comunità potesse vivere nel benessere,
era l'applicazione del principio d'uguaglianza, ovviamente non concepibile con
la proprietà privata. Terminata
la conversazione, Raffaele Itlodeo, pregato dallo stesso Moro, inizia a
descrivere in ogni suo dettaglio l'isola felice di Utopia, avendone osservato i
costumi e le leggi per più di cinque anni. Utopia,
prende il nome dal suo conquistatore Utopo, il quale, arrivato in quella terra,
volle separarla dal continente, facendo sì che il paese fosse circondato da
ogni parte dal mare. L'isola
misura duecento miglia e prende la forma di luna crescente, all'interno della
quale sorgono cinquantaquattro città, aventi stessa lingua, stessi costumi e
leggi. Ciò vige in funzione del fatto che la somiglianza promuove la concordia,
quindi una conseguente pacifica convivenza. La capitale è Amauroto,
evanescente, alla quale ogni anno giungono i tre saggi anziani, per discutere e
dibattere le problematiche del paese. Intorno
ad Amauroto si estendono i contadi, nessuno dei quali occupa uno spazio più
ampio di dodici miglia. Fra
gli abitanti nessuno sente il desiderio di possedere più terra, in quanto
ognuno si sente coltivatore di essa e non suo padrone. E' in questi territori
che sono ubicate le case nelle quali fornite di ogni attrezzatura agricola, i
cittadini vanno ad abitarci a turno; solitamente quarantotto persone, fra
uomini, donne e due schiavi. Tutti
devono sottostare alla madre e al padre di famiglia, a sua volta ogni nucleo di
trenta famiglie è sotto il controllo di un filarca, ovvero ironicamente
"amante del potere". I cittadini hanno l'usanza di interscambiarsi fra
i lavori della campagna e quelli della città, affinché nessuno si trovi
costretto contro il proprio volere ad un lavoro eccessivamente faticoso. Viene
così a crearsi un fitto e efficiente processo di collaborazione, il quale
permette che tutti dispongano del necessario: alla mancanza dell'uno risponde
l'abbondanza dell'altro e viceversa. La cittàLa
capitale è Amauroto, ed è considerata tale in quanto vi è la sede del senato.
Sorge su un pendio, e si estende da sotto la cima della collina fino al fiume
Anidro, privo d'acqua. Le due rive sono collegate da un ponte, costruito con
ampli archi di pietra. Inoltre poichè la sua fonte si trova lontano dalle mura
gli abitanti l'hanno fortificata, in modo da evitare che possa essere bloccata o
avvelenata dai nemici. La città è cinta da mura massicce, provviste di torri e
bastioni. Il piano urbanistico è ben funzionale. Strade e case sono bellissime
a vedersi; da ogni parte sorgono giardini curatissimi, rigogliosi di fiori,
viti, frutta. Le porte delle abitazioni non vengono mai serrate, ciò sarebbe
inutile, in quanto niente è di nessuno e tutto è di tutti. Inoltre ogni dieci
anni gli abitanti si scambiano le cose tirando a sorte. I magistrati(Come
già detto) Ogni anno un gruppo di trenta famiglie elegge un magistrato,
chiamato Filarca. A sua volta trecento famiglie con dieci Filarchi sottostanno a
quello che un tempo era chiamato Traniboro, magistrato primario, ma oggi è il
Protofilarca
(capo dei Filarchi). Le cariche sono elettive e annuali, e ogni magistrato è
scelto, con suffragio segreto fra i candidati nominati dal popolo. Solo il
magistrato supremo, Ademo (senza popolo), rimane in carica a vita, a patto che
non venga sospettato di potere tirannico. I Protofilarchi si riuniscono in
consiglio con l'Ademo ogni tre giorni, risolvendo primariamente le possibili
controversie fra cittadini. Regola fondamentale é che nessun provvedimento
riguardante il pubblico interesse può essere ratificato in consiglio, se non è
discusso per almeno tre giorni, e soprattutto è vietato deliberare sulla
repubblica al di fuori di esso, ciò vige in funzione del fatto che nè l'Ademo
nè i Protofilarchi possano cospirare alla tirannide per opprimere il popolo.
Per le questioni di grande rilievo i Filarchi consultano le famiglie, che dopo
essersi riunite esprimono le proprie opinioni al consiglio. I mestieriIl
lavoro è un dovere sociale attraverso cui si devono soddisfare le vere necessità,
non la vanità del lusso. L'attività primaria è l'agricoltura (ne apprendono
le basi e abituano il fisico fin da piccoli). Generalmente i più giovani
apprendono il mestiere paterno essendone naturalmente più inclini; ciò non
viene però imposto, ciascuno è libero di scegliere un'altra occupazione, purchè
il giovane venga adottato nella famiglia in cui si pratica l'attività da lui
prescelta. Nella distribuzione del lavoro le donne vengono impiegate nella
lavorazione della lana e del lino e gli uomini nei lavori fisicamente più duri.
Ogni lavoratore ha il dovere di impegnarsi al massimo, infatti i Filarchi
controllano che nessuno si abbandoni all'ozio, ma senza eccedere nella fatica
eccessiva. E' proprio per evitare questo, che assegnano solo sei ore al lavoro,
senza che ci sia un calo dei beni. Negli altri paesi le ore lavorative sono
molte di più a causa della massa oziosa dei ricchi e degli uomini di chiesa,
che vive sul lavoro altrui. In questo modo gli Utopiani invece possono
concedersi anche del tempo libero, da non spendere fra inutili aberrazioni, ma
con giochi edificanti o dedicandosi alle lettere. Infatti ogni cittadino
terminato il tempo in cui si occupa dello stato, dedica il restante alla libertà
dello spirito e alla cultura per sottrarsi alla schiavitù del corpo. Solo così
si raggiunge la felicità nella vita. Si può così facilmente comprendere come
le cose di cui l'uomo veramente necessita per vivere, possano essere prodotte
dal lavoro di pochi. Ma in una società basata sul denaro, nascono occupazioni
inutili, a servizio del lusso, dello spreco. Inoltre se tutta la moltitudine dei
nullafacenti dispiegasse le proprie energie nel lavoro, piuttosto che nel
rincorrere i propri capricci, il tempo per produrre il necessario per la vita
diminuirebbe notevolmente. "A Utopia tutto ciò è chiaro e
manifesto". I rapporti socialiIl
capofamiglia è rappresentato dal più anziano, infatti generalmente i giovani
obbediscono ai più vecchi. Per
evitare che il numero dei cittadini cresca oltre misura, è stato stabilito che
nessuna famiglia debba avere più
di sedici figli e meno di dieci. La
città è suddivisa in quattro aree al cui centro è collocato il mercato nel
quale vengono portati i prodotti del
lavoro di ogni famiglia. Così ciascun capofamiglia prende quello di cui lui e i
suoi necessitano, senza dare in cambio denaro. Quest'ultimo infatti è inutile
poichè nessuno mai prenderà più di quanto ha bisogno, in quanto sa che non
gli verrà mai a mancare nulla. Gli altri uomini invece, spinti dal timore della
mancanza, diventano avidi, cercando di superarsi a vicenda nella falsa
ostentazione del superfluo. Gli
Utopiani non hanno come metro di distinzione tutto ciò che è lussuoso, anzi i
loro abiti sono tutti uguali, e ciascuno si accontenta di una sola veste.
Infatti il volerne di più alimenterebbe la discordia, mentre la somiglianza
accresce la concordia. ViaggiDurante
i viaggi non si portano dietro nulla, perchè ovunque arrivino è come se
fossero a casa propria. L'intera
isola è considerata come un'unica famiglia, ogni cosa, infatti, si svolge sotto
gli occhi di tutti, in modo che ciascuno sia spinto ad intrattenersi in lodevoli
e onesti passatempi. Da questo stile di vita sono riusciti ad ottenere
abbondanza di beni che, distribuiti equamente, hanno eliminato la paura della
povertà. Non
fanno uso del denaro; oro e argento per cui non sono utilizzati per coniare
monete e vengono stimati per il loro valore intrinseco. Ovvero conferiscono più
importanza al ferro, senza il quale la vita dell'uomo sarebbe pressochè
impossibile, esso è importante come il fuoco o l'acqua. Ma
l'oro e l'argento sono così necessari ? La natura li ha dotati di virtù senza
le quali la vita potrebbe ugualmente essere completa, ma l'uomo, seguendo la
propria follia, assegna loro un vano valore dato dalla rarità. Senza
considerare che ciò è contro ogni principio naturale, in quanto la natura
stessa ha dato in abbondanza tutto ciò che è di primaria necessità,
nascondendoci invece tutto ciò che è vano ed inutile. Gli Utopiani, così, con
oro e argento fabbricano vasi da notte, recipienti consoni alle funzioni più
umili, e addirittura le catene per legare gli schiavi, in modo da
caratterizzare tali metalli con il marchio dell'infamia e dell'ignominia.
Tutto ciò fa capire l'assurdità che l'uomo usa nel dare valore alle cose,
senza considerare le applicazioni nelle necessità di tutti i giorni. Gli
Utopiani infatti si meravigliano che una persona possa compiacersi del finto
splendore di una gemma, quando potrebbe contemplare quello tanto più grandioso
del sole o delle stelle, o che sia così felice da vedersi più nobile perchè
indossa una veste fine e raffinata ottenuta con la lana che proviene pur sempre
da una pecora, la quale non è mai stata più di una pecora. Si stupiscono anche
che un materiale per sua stessa natura umile come l'oro sia tanto apprezzato che
l'uomo, grazie al quale lo stesso metallo ha acquisito il suo gran valore, viene
considerato meno prezioso, al punto che un malvagio può avere al suo servizio
persone buone e sapienti, soltanto perchè gli è capitato di possedere molto
oro. Lo stesso oro poi che, se perso per sorte avversa o per una nuova legge che
innalza gli umili e abbatte i potenti, e finito nelle mani del più umile
servitore, farebbe sì che l'antico padrone ne sia del tutto in balia, seguendo
la sorte del proprio denaro. CulturaGli
Utopiani sono molto dotti riguardo al corso delle stelle e al movimento delle
sfere celesti. Riguardo alla musica, alla dialettica , alla geometria hanno
scoperto a modo loro tutto quello che ci è stato tramandato dai filosofi
antichi. Nel
campo dell'etica discutono sulle buone qualità dello spirito, di quelle del
corpo e di quelle donateci dalla sorte, e soprattutto in cosa consista la
felicità per l'uomo. Gli Utopiani sono propensi a sostenere che nel piacere
stia tutta, o la maggiore felicità umana. In questa ricerca filosofica vengono
a fondersi i principi religiosi, senza i quali nessuna felicità sarebbe
raggiungibile a causa dei limiti della ragione. Secondo il loro credo l'anima è
immortale e destinata alla felicità dalla bontà divina; le virtù e le buone
azioni in vita saranno premiate dopo la morte, mentre la malvagità sarà
punita. Naturalmente questi, che sono principi religiosi, non potranno essere
perseguiti se non saranno accompagnati da un'oculata azione della ragione.
Infatti è folle seguire una virtù dolorosa e difficile intestardendosi a
soffrire senza ricevere alcun tornaconto. Non pensano che la felicità consista
in qualsiasi genere di piacere, ma solo in quelli buoni e onesti e la loro
definizione di virtù corrisponde al vivere secondo natura, cosa a cui ci ha
destinati Dio. La natura inoltre ci invita a vivere gioiosamente sostenendosi a
vicenda affinchè nella ricerca della felicità personale non si ostacoli quella
degli altri. Privarsi di qualcosa per darla a un altro è segno di umanità che
non toglie mai quanto dà, infatti in cambio si riceve riconoscenza e affetto,
che offrono più piacere all'animo di quanto ne avrebbe potuto dare al corpo ciò
di cui si è privati. Una
vita gioiosa non è malvagia anzi il piacere è il fine di ogni azione e
obbedire a questo precetto naturale è il concetto di virtù. Gli
Utopiani definiscono piacere qualsiasi stato del corpo o dello spirito in cui
l'uomo provi una gioia naturale. Anche gli appetiti sono dettati dalla natura,
ovvero tutto ciò che può essere goduto senza causare ingiustizie, nè provando
affanno, viene ricercato, non solo dai sensi ma anche dalla ragione. Nello
stesso tempo, però, non si lasciano ingannare da quelli che sono i piaceri
fasulli, come accrescere il valore di una persona solo perchè indossa una veste
più raffinata: il dare onori vani e inutili è segno di ignoranza e rappresenta
solo una contraffatta parvenza di piacere. Così come chi si diverte
nell'accumulare ricchezze senza farle fruttare in alcun modo, o chi
contrariamente nasconde il proprio oro per paura di perderlo, e poi lo perde
comunque. Presso gli Utopiani tutto ciò è indegno, essi si tengono lontani dai
dadi e da tutte le attività venatorie, non c'è nessun compiacimento
nell'uccidere animali ciò è estraneo al piacere vero e naturale. Infatti in
quei casi alla base del piacere non c'è la natura della cosa, ma la corruzione
dei costumi, che fa accettare come voluttà cose penose e spiacevoli. Di
vero piacere, invece, ne individuano due tipi: corporale e spirituale. Tra i
piaceri spirituali ci sono: l'intelligenza, la contemplazione della verità, il
ricordare e la speranza d'un bene futuro. Tra i piaceri corporali di sono quelli
sensibili dati dal mangiare, bere ,procreare......e soprattutto quel piacere
fisico che consiste nella condizione d'equilibrio del corpo privo di dolore.
Questa è piacevole in sè, anche senza stimoli esterni, soprattutto è
necessaria per la presenza di tutti gli altri. La salute infatti coincide con il
piacere e ne costituisce la condizione necessaria, così come il fuoco per il
calore. I godimenti dei cibi e delle bevande non sono piacevoli di per sè, ma
perchè si oppongono all'insinuarsi della malattia. Non è saggio quindi
individuare la propria felicità in questi piaceri, perchè sono sempre
accompagnati dalla sofferenza a loro contraria, come la sete la fame.... Considerano
inoltre i diletti dell'udito, della vista, dell'olfatto peculiari
dell'uomo per decreto naturale, il non apprezzarli, facendo crudeltà
verso se stessi, sarebbe ingratitudine verso la natura, di cui non si accettano
i benefici come per evitare d'esserle debitori. Apprezzano,
inoltre, la filosofia e soprattutto la medicina, affermando che "il
creatore ama più chi è entusiasta, curioso e desideroso di conoscere di chi,
come una bestia senza cervello, rimane stupidamente indifferente, a uno
spettacolo tanto meraviglioso senza nemmeno commuoversi". Gli schiaviRendono
schiavi solo quelli che hanno commesso reati gravi, o sono stati condannati a
morte nelle città estere. Ne hanno in gran numero. Pensano che per lo stato la
schiavitù sia più vantaggiosa rispetto alla pena capitale, in quanto il lavoro
di un condannato è più utile della sua morte. La sua condizione trattiene gli
altri dal commettere crimini analoghi. Nello stesso tempo, però, non si
limitano a frenare il crimine con le punizioni, ma stimolano l'onestà con
riconoscimenti e onori. MatrimonioLa
donna non si sposa prima dei diciotto anni, l'uomo non prima d'avere quattro
anni di più. Si uniscono nell'amore del matrimonio nel quale si deve
trascorrere l'intera vita con la stessa persona. Chi spezza il vincolo
coniugale, viene punito con la schiavitù. Leggi-trattatiHanno
poche leggi: è inutile averne tante da non poter essere lette da tutti, o
oscure da venir comprese da nessuno. Poichè lo scopo di promulgarle è
ricordare ad ognuno i propri doveri, il loro significato deve essere evidente e
alla portata di tutti. Quanto ai trattati gli Utopiani non ne fanno uso essi,
infatti, credono "che nessuno debba essere considerato nemico se non
costituisce una minaccia, che la comunanza fra gli uomini sia più forte di
qualsiasi trattato, che si sia più uniti dall'amicizia che dai patti, dallo
spirito che dalle parole. La guerraContrariamente
alla maggioranza degli altri popoli non credono ci sia nulla di meno glorioso
della gloria guadagnata in guerra. Combattono solo per difendere la patria o per
liberare un popolo dalla tirannia, ciò per un forte senso di pietà e
filantropia. Aborriscono la vittoria sanguinosa e cercano sempre di fare in modo
che siano i pochi, e non la massa di innocenti, a pagare, sfruttando le forze
dell'ingegno e non quelle del corpo. ReligioneNell'isola
ci sono diversi tipi di religione: alcuni adorano il sole, altri la luna, altri
ancora le stelle erranti...ma la maggioranza crede che vi sia un unico Dio
inconoscibile, eterno, immenso, inesplicabile, al di sopra dell'umana
comprensione e diffuso per tutto l'universo nella sua potenza immateriale,
questo lo chiamano padre. A lui solo attribuiscono l'origine, la crescita, i
cambiamenti, la fine di ogni cosa. Nella loro lingua è chiamato Mitra. Inoltre
pensano che esso coincida con la natura stessa da cui fanno dipendere
l'esistenza del tutto. Quando
sentirono parlare del Cristianesimo si convertirono, purificandosi con il
Battesimo. Infatti la trovano una religione che si accorda bene con i loro
principi. Nonostante ciò lasciano la massima libertà religiosa: chiunque è
libero di seguire e praticare la religione a lui più vicina, può anche
diffonderla, purchè ciò avvenga tramite una persuasione pacifica, senza
denigrare le fedi altrui. Vige infatti una legge secondo cui nessuno può essere
perseguitato per motivi religiosi. Nessuno però può credere che l'anima
perisca con il corpo, e che il mondo sia regolato dal caso. Infatti l'ateo è
sommamente emarginato e disprezzato in quanto oltre a degradare la dignità
della propria anima, è portato a trasgredire con il sotterfugio le leggi del
suo paese per soddisfare la propria cupidigia.Tutti gli altri sono invece
convinti della futura beatitudine dell'uomo e sono perciò contenti se un malato
muore, a meno che non se ne vada contro voglia, infatti ciò presagisce il
castigo che l'attende. Pensano inoltre che la memoria delle buone qualità del
defunto funga da esempio per i vivi e che sia apprezzata dai morti stessi, che
credono sempre presenti fra loro, si sentono infatti da questi protetti e allo
stesso tempo giudicati. Sacerdoti Ve
ne sono tredici in ogni città, tanti quanti sono i templi. Sono scelti dal
popolo con voto segreto. Educano la gioventù, curandone con la stessa
attenzione, sia l'istruzione letteraria, si le virtù e le buone maniere.
Cercano d'installare negli animi dei giovani i buoni ideali necessari al
benessere della repubblica che, una volta radicati nelle loro menti, non li
abbandoneranno mai. I templi sono scarsamente illuminati per facilitare il
raccoglimento religioso e sono privi di qualsiasi immagine di Dio, così che
ognuno possa immaginarselo come sente; il culto infatti è gestito in modo da
non creare divergenze fra le diverse sette religiose. L'Inghilterra
di Moro non forniva le condizioni necessarie all'attuarsi di questa
"utopia" che quindi rimarrà sempre tale. Ormai il capitalismo e il
mercantilismo e perciò il culto del denaro, avevano preso troppo campo per
lasciare spazio ad uno stato fondato invece su un'economia agricola. Nonostante
ciò, Utopia "non rappresenta solo una forma di stato perfetta, ma è anche
l'unica che possa rivendicare l'appellativo di repubblica". Le altre
nazioni parlano tanto di interessi pubblici, ma poi si dedicano solo a quelli
privati, mentre nell'isola felice ,non essendoci nulla di privato, ci si dedica
veramente al benessere comune. Anche se nessuno possiede nulla, tutti sono
ricchi, o meglio tutti hanno ciò di cui necessitano. Vivono
tranquilli, liberi da tutte le preoccupazioni date dal denaro. Negli altri paesi
gli uomini di potere schiacciano i lavoratori facendo perfino leggi sui propri
interessi, sulle proprie ingiustizie. Ma questi uomini, che hanno diviso fra
loro tutto quello che sarebbe sufficiente a tutti, non riusciranno mai ad essere
felici come gli Utopiani. "..chi infatti non capisce che la frode, il
furto, il latrocinio, le risse, i litigi, i diverbi, le rivolte (....) nonchè i
timori, le ansie, le paure, le veglie finirebbero d'esistere nel momento in cui
il denaro venisse abolito? La povertà stessa ch'è l'unica(sembra)ad averne
bisogno, una volta tolto di mezzo il denaro scomparirebbe rapidamente.(....) Questo serpente degli inferi, che pure si dice inventato per dar da vivere alle persone, s'insinua nel cuore degli uomini e come per la remora, quel pesce di cui si dice che abbia il potere di arrestare le navi, li trattiene e devia dal cammino verso una vita migliore." |