Il Circolo dei lettori al Festivaletteratura di Mantova

8-9 settembre 2001  

 

 

 

 

MANTOVA PER NOI…..

  Il circolo dei lettori del liceo Machiavelli-Capponi ha partecipato anche quest’anno al Festivaletteratura di Mantova con una folta delegazione (quattordici allieve e tre professori), l’otto e il nove settembre scorsi. Abbiamo pensato di raccontarvi la nostra esperienza con un quaderno a più voci, sperando che riesca a comunicare non solo il semplice resoconto dei diversi incontri cui abbiamo partecipato, ma anche e soprattutto il significato non superficiale che essi hanno avuto per noi, l’allegria e il coinvolgimento con cui siamo andati in giro per la città (peraltro bellissima) a cercare gli eventi che potevano interessarci di più, a incontrare il nostro scrittore o la nostra scrittrice scelti per interesse, per curiosità o anche solo per caso.

Gli esiti sono stati quasi sempre gratificanti: con qualche inevitabile eccezione, come risulta dai racconti qui di seguito (anche a noi è toccata una mattonata: vedi come è andato l’incontro con Vincenzo Consolo…).

 Insomma, possiamo dire di essere stati in vacanza per due giorni in compagnia della letteratura.

Leggete perciò le nostre storie, rifletteteci sopra e incominciate a pensare a tutti quei bellissimi, emozionanti, straordinari libri segreti che avete in serbo per noi, per il circolo dei lettori dell’anno 2001-2002. Tra le splendide architetture di Mantova abbiamo sentito leggere pagine scritte in lingue diverse, alcune a noi inusuali nel suono e nel ritmo come il greco o il cinese: ma tutte esprimevano una loro arcana armonia, tutte sembravano dirci della bellezza del mondo.

Ci auguriamo allora  che parlare di letteratura ci aiuti a capire di più noi stessi e la terra in cui si vive, proprio mentre tutto, mai come ora, sembra così difficile e irrimediabile.

A presto, a prestissimo.

 

                                                   La delegazione mantovana del Circolo dei lettori

 

 

 

     LA FESTA DELLA LETTERATURA

       Che frenesia! E che emozione pensare che per due giorni sarai lontano dal noioso mondo che ti circonda, alla scoperta di ciò che per noi ragazzi spesso è noioso, spesso è un punto interrogativo: la Letteratura. Ed è bello scoprire che “il diavolo non è così brutto come lo si dipinge”, che con i libri ci si può davvero divertire, che la cultura può diventare un’esperienza di vita.

    Mantova ci ha ospitati un fine settimana ed è riuscita a conquistare ognuno di noi, non solo con i suoi monumenti, la sua gente, ma anche perché è riuscita ad unire tutti quanti, di nazioni, culture, età diverse, con l’alta letteratura o con gli incontri più divertenti e un po’ meno impegnati. Il tutto portato avanti da un gruppo di volontari (peraltro nostri coetanei), che oltre a presentare gli avvenimenti e tenere buoni gli “affamati di sapere” che spingevano per sedersi in prima fila ad ogni incontro, avevano allestito dei tendoni dove il turista sperduto tra miriade di orari, luoghi, biglietti ed eventi poteva chiedere informazioni o semplicemente rovistare un po’ tra guide, libri ed altro ancora...

Sabato 8 Settembre 2001, ore 16,30

Chiostro del Museo diocesano

LA METRICA DELLA MEMORIA

Vincenzo Consolo con Massimo Onofri

 

"La metrica della memoria". Che bel titolo!" abbiamo pensato prima di assistere a questa conferenza, peccato che quando è finita ci siamo domandati: "Ma cosa c'entrava la memoria?".

Sì, forse qualcosa c'entrava...nella nostra memoria rimarrà sempre impressa l'immagine di due distinti signori (lo scrittore Vincenzo Consolo ed il critico letterario Massimo Onofri) che discutono con un linguaggio incomprensibile ai non "addetti ai lavori", mentre buona parte della platea è in preda allo sconforto... Alcuni sembrano sonnecchiare,   altri  per la disperazione si mettono le mani nei capelli, una coppietta  per ingannare l'attesa si sussurra frasi (romantiche?) all'orecchio...e noi, che non sappiamo  se è il caso di ridere o di piangere, con il nostro block-notes davanti, aperto ad una pagina dove si alternano astruse parole che siamo riuscite a "captare" dalla discussione e disegnini dal non meglio identificato significato.

Siamo tutti avvolti da quel "verghiano sentimento d'immobilità", (citato nella discussione), che ci fa sentire come inesorabilmente inchiodati alla sediolina di plastica su cui siamo seduti. E' praticamente impossibile seguire per un'ora e mezza due letterati che parlano nella loro "lingua" troppo complessa e a volte incomprensibile per chi, come noi, si accosta alla letteratura non da "addetto ai lavori"...Magari se avessero usato un linguaggio più semplice e un tono più leggero la conferenza avrebbe potuto anche essere interessante!

Da ciò che abbiamo compreso, si parlava delle origini letterarie dello scrittore Vincenzo Consolo, del suo uso di un linguaggio che riconosce nobiltà anche alle parole dialettali, della voglia di conferire movimento ai suoi romanzi ( essi si svolgono sempre in paesi e luoghi diversi) e della volontà di cogliere i "momenti di sconfitta" della storia umana reinterpretandoli per cercare di  comprendere il presente.

Sono stati citati molti nomi illustri della letteratura: Gadda, ma soprattutto scrittori d'origine siciliana (Consolo è messinese) come Pirandello, Tomasi di Lampedusa, D'Arrigo, Sciascia e Vittorini, su cui si è praticamente incentrata tutta la conferenza.

La vera liberazione è stata quando ci siamo potuti "schiodare" dalla sediolina. Il "verghiano sentimento d'immobilità" era ormai un ricordo (ecco perchè "la memoria"!): ormai nessuna lezione scolastica potrà più sembrarci statica...  

 

Sabato 8 Settembre 2001, ore 18.00

Piazza Concordia

Reading di Mian Mian

 

          L’anno scorso, qui al festival, ci siamo recati in sala proiezioni, dove si poteva assistere a video realizzati da vari scrittori. Leggendo il programma, decidemmo di vedere la proiezione riguardante la scrittrice Mian Mian.

          Sopra le note dei Doors, la scrittrice narrava della sua vita e dei suoi romanzi: “La La La” e “I bambini buoni avranno le caramelle”. Era un viaggio nella Shanghai notturna , metropoli in continua trasformazione. Mian Mian diventava una sorta di guida, tra locali, discoteche, lungo strade affollate. Durante questo viaggio i temi ricorrenti erano amori straziati, vite vissute in un panorama soprattutto notturno tra droghe, alcool, sesso, e infine il rock.

Musa ispiratrice: la realtà. I personaggi dei suoi romanzi sono in simbiosi con i giovani della sua città: incerti ma forti.

Cos’è il reading d’autore? Gli scrittori, affiancati dai traduttori o da attori, leggono alcune pagine dei loro romanzi o delle poesie, in lingua originale. In questo modo, è possibile per noi lettori ascoltare i suoni e i ritmi di una storia dalla voce di chi l’ha scritta e dare una voce e un volto agli autori di libri che abbiamo letto o leggeremo in seguito.

Ci siamo, applausi e poi silenzio…

Iniziano le prime letture ed è molto emozionante: nessuno di noi conosce il cinese ma quei suoni che escono dalle sue labbra sono così dolci, pieni di carattere.

Dopo di lei è la traduttrice che legge quelle stesse pagine con grande enfasi: in questo momento non solo siamo presi dall’espressione linguistica, ma possiamo capirne i contenuti.

“…Tan Tan è morto, questo punto mi è chiaro. Eppure continuo a chiedermi: è morto? è morto?

Così cominciano le allucinazioni…”

“…Il suo era un amore isterico, cieco. Gli piaceva essere innamorato, amava il mondo quando lo faceva piangere…”

“…Questa musica è molto bella, esprime quello che può mandare il cuore in pezzi, tocca i miei fragili nervi, mi dà serenità…”

Finite le letture, di corsa a farsi autografare libri ed a fare foto ricordo.

Una volta condivise le nostre impressioni e gli entusiasmi, il verdetto: Mian Mian ci ha conquistato.

Perciò consigliamo a tutti il suo libro, “Nove oggetti di desiderio”, Einaudi Editore.

 

  Sabato 8 settembre 2001, ore 19,15

Palazzo Ducale, Cortile della Cavallerizza

IL SECOLO DELLE TENEBRE.

Incontro con Tzvetan Todorov, presentato da Frediano Sessi.

   

Dopo la delusione dell'incontro con Vincenzo Consolo, che Massimo Onofri, esprimendosi in critichese stretto, ha reso esclusivo per soli specialisti, non ce la siamo sentiti di dedicare la serata a un altro tema importante. Così solo un prof è andato a sentire Tzvetan Todorov che parlava del totalitarismo, argomento del suo libro di prossima uscita "Memoria del male, tentazione del bene".

Il ‘900 è davvero “il secolo delle tenebre”? Todorov sottolinea che la sua è un'interpretazione soggettiva, basata cioè sul suo destino personale. Egli ritiene che la lotta tra totalitarismo e democrazia sia l'evento centrale del '900 e definisce "fratelli nemici" Fascismo, Nazismo e Comunismo. In questo Todorov sembra avvicinarsi a certe tesi revisioniste, che riducono con diverse motivazioni le responsabilità naziste nella guerra e nello sterminio degli ebrei. Ricorda per esempio che Hitler imita i campi di concentramento di Stalin di cui  invidia l’efficienza. L’immagine dell'Europa tra il '39 e il '41, dominata dai totalitarismi,  è davvero terribile e  senza speranza.

  Todorov cerca quindi di definire i caratteri del totalitarismo. In democrazia lo Stato è neutro e non cerca d'imporre un'ideologia, come invece fanno i regimi totalitari. In un certo senso, essi, quasi eredi del millenarismo cristiano, sognano di realizzare l'utopia su questa terra, solo che affermano di fondare la loro utopia sulla scienza (economia e storia per il comunismo; razza per il nazismo) invece che sulla religione.

  Egli tuttavia ci tiene a differenziarsi dagli storici revisionisti. Afferma infatti che i tratti comuni non devono nascondere le differenze tra i totalitarismi, che riguardano essenzialmente la forma della violenza: la violenza nazista ha come fine la morte, lo sterminio di certi gruppi della popolazione; la violenza dei regimi socialisti ha come scopo la repressione degli oppositori, non la loro morte, che è un sovrappiù. Nel gulag ci sono schiavi, nel lager sottouomini.

Per rispondere alla domanda se il bene del presente e del futuro è tutto nel liberismo, Todorov precisa ancora una volta che egli si basa su un'esperienza personale. Non parla del comunismo in generale, ma di quello AL POTERE, che egli ha conosciuto per circa 20 anni in Bulgaria. Probabilmente il comunismo in Italia o in Francia è stato un'altra cosa proprio perché non è stato al potere. (Così come si parla di totalitarismi, si dovrà forse parlare di comunismi?) Evidenzia il ruolo dominante dell'ideologia, forse superiore rispetto al regime nazista. In un regime comunista ciò che faceva più soffrire non erano tanto la mancanza di libertà o le privazioni o la scarsità dei beni di consumo, quanto la MENZOGNA: parole che venivano usate con un significato opposto rispetto alla realtà. "Uguaglianza" copriva una gerarchia sociale chiusa in caste, "pace" significava spionaggio e aggressione militare, "giustizia" significava repressione violenta.

  Ha ancora senso raccontare il SECOLO DELLE TENEBRE? Todorov parla di ABUSI DELLA MEMORIA e di "armadio delle vergogne" che ci portiamo dietro. Come ci ha insegnato Primo Levi, abbiamo il dovere di ricordare. Ma il racconto e la conoscenza del passato non sono di per sé una lezione per fare il bene. Il passato va umanizzato, altrimenti rischia di portare a fare il male nel presente (Hitler richiamava lo sterminio degli Armeni da parte dei Turchi perché era rimasto impunito o le "ingiustizie" del Trattato di Versailles per incitare alla persecuzione e alla guerra).

Nella memoria del passato occorre evitare due pericoli: sacralizzazione e banalizzazione, che portano ad applicare direttamente il passato al presente. Gli abusi della memoria si possono evitare con l'educazione. Intanto, evitando di confondere la ricerca della VERITA' con la ricerca del BENE. La storia non è mai pietosa né edificante.

L'indomani mattina abbiamo incontrato Todorov davanti agli affreschi del Pisanello che nel Palazzo Ducale rappresentano un torneo di cavalieri medievali.  

 

  Domenica 9 settembre 2001, ore 12

Piazza Concordia

Reading di Petros Markaris

 

Il giallista greco Petros Markaris, autore del romanzo “Ultime della notte” presenta il suo nuovo romanzo “Difesa a zona”, che parla del caso di omicidio affrontato – con INCONTENIBILE gioia – dal commissario Kostas Charitos nel bel mezzo delle sue vacanze presso la cognata – anche queste affrontate con  travolgente letizia. Un cadavere è stato trovato riverso sul terreno, senza segni di violenza apparente. Fatto tornare in superficie da una frana, è stato rinvenuto da un giovane turista tedesco, Hugo: lunghi capelli  biondi, chitarra sempre in mano, classica iconografia del tossico. Questo pensa di lui e dei suoi amici il commissario, scoprendo troppo tardi che i suoi acidi commenti sono stati compresi da una ragazza greca fintasi inglese, che lo smentisce: in realtà sono tutti studenti, e anche in università prestigiose. Ecco tutto ciò che è riuscito a leggere l’interprete italiano: giusto tre pagine. Esse però rendono subito familiare al pubblico la volontà dell’autore di raccontare e descrivere la nuova realtà greca, attraverso lo sguardo cinico e i commenti, a metà tra pregiudizi e luoghi comuni, di un uomo qualsiasi della Grecia di oggi, un piccolo borghese con le sue tipiche reazioni, superficialità e cattiveria. Markaris ci ha letto un po’ di queste pagine in greco, per farci ascoltare il tono del romanzo nella sua lingua originale: una caratteristica, questa, dei reading stessi. Farci ascoltare sonorità, per molti nuove, di lingue straniere è stata un’aggiunta al piacere di sentir leggere gli attori, che, con la loro interpretazione, hanno dato una chiave alla lettura dei libri proposti.

 

  Domenica 9 settembre 2001, ore 15

Chiostro del Museo diocesano

Pearl Abraham con M.A. Saracino

 

Dopo la visita al Palazzo Ducale e un breve tour per il centro di Mantova, ci siamo ritrovati davanti all'albergo; qui le nostre diverse personalità sono emerse permettendo ad ognuno di noi di seguire i propri gusti letterari.

Cinque ragazze e una prof. Si sono dirette verso il Chiostro Diocesano, dove alle ore 15:00 Pearl Abraham e Maria Antonietta Saracino avrebbero discusso dell'affascinante cultura ebraica.

L'autrice ha esordito leggendo un brano tratto dal suo primo libro "La lettrice di romanzi d'amore" . La scelta non è stata affatto casuale infatti, fin dalle prime parole siamo rimaste colpite dal tema principale del libro: Rachel,  ragazza di una comunità yiddish che vive in America, attraverso la lettura di romanzi in lingua inglese, cerca di evadere da una realtà religiosa che le poni troppi limiti.

Dalla passione estremamente coinvolgente con la quale l'autrice legge, è facile intuire che Rachel non è solo la protagonista del libro, ma la stessa P. Abraham, anch'essa cresciuta con la voglia di abbattere le barriere impostale dalla sua tradizione. Infatti, come la protagonista del suo racconto, anche la Abraham, leggendo

autrici come Jane Austen, mito della sua adolescenza, è riuscita a superare i limiti  dell’ambiente in cui è stata educata e a farsi un’idea del mondo.

Dal primo libro, nel quale avviene la rottura di cui abbiamo sopra parlato, si passa al secondo, "America addio", dove già dal titolo si può capire che c'è l'esigenza dell'autrice di ritornare alle origini.

In questo secondo romanzo una coppia di sposi entra in crisi durante la ristrutturazione della propria casa. Curiosa contraddizione, visto che da sempre la casa è simbolo di stabilità ed unione.

Anche in questo secondo libro, come nell'ultimo ancora in programmazione sul quale l'autrice non si è molto sbilanciata, si affronta il tema dell'estraneità e dell'inconciliabilità tra tradizione familiare e società esterna. La scrittrice non riesce a sopportare il fatto che l'yiddish, la lingua madre che ancora essa stessa parla, venga considerata come morta.

L'intento di P.Abraham è quello di trovare un'armonia tra le sue due culture, tenendo vive le tradizioni che hanno caratterizzato la sua vita di adolescente, conciliandole con la sua vita attuale di adulta.

A questo punto la critica Saracino ha lasciato spazio alle domande del pubblico che non sono mancate, manifestando  coinvolgimento ed interesse da parte di tutti i presenti.

Per quanto ci riguarda, l'incontro ci ha entusiasmato: è stato interessante scoprire nella cultura tradizionalista di alcune comunità ebraiche una condizione così diversa della donna, limitata nella vita sociale, ma con un ruolo importante

all'interno della famiglia. Non credete poi che il titolo di quel romanzo, “La lettrice di romanzi d’amore”, sia bellissimo, suggestivo e molto adatto al nostro appassionato circolo di lettori?…  

 

  Domenica 9 settembre 2001, ore 15

Casa del Mantegna

Laura Mancinelli con Simonetta Bitasi

 

Dopo Consolo, Mian Mian e Markaris, che sono state tappe comuni per tutto il circolo, nel pomeriggio di domenica c'è stata la possibilità di scegliere tra più eventi. Uno di questi è la conferenza di Laura Mancinelli, insegnante di Filologia germanica fino a quando la sclerosi multipla, nel '94, non l’ha costretta a lasciare la cattedra. Da allora, la sua attività maggiore è stata leggere e scrivere. Leggere il suo "ispiratore" Boccaccio, nel cui “Decamerone” molte pagine dei suoi romanzi si presterebbero benissimo ad essere inseriti, e scrivere, continuando il lavoro iniziato per caso in un giorno di pioggia, in una casetta in Val d'Aosta, e pubblicato poi da Einaudi con il titolo “I dodici abati di Challant”. Il romanzo era storico, ambientato nella Germania del Medioevo tra principi veri e storie false: "D'altronde" dice la scrittrice, classe 1933  "il romanzo è invenzione, e per scrivere un romanzo storico non si può far altro che incollare storia e invenzione". Una miscela, la sua, che ha incantato il pubblico. L'ambiente medioevale compare in quattro dei suoi libri: nella  trilogia de "I dodici abati di Challant", "Il miracolo di Santa Odilia", "Gli occhi dell'imperatore", e ne "I tre cavalieri del Graal".

Assai curiosa la storia che accompagna la composizione di un suo altro romanzo, "Il fantasma di Mozart": la scrittrice ci racconta di un anno passato a rispondere a singolari telefonate musicali, che ogni volta le facevano ascoltare un brano di questo autore a cui lei è particolarmente affezionata, essendo, come dice,  "l'unico compositore di cui posso capire la musica, pur non sapendo io neppure i basamenti di quest'arte". Il misterioso "maniaco" doveva però conoscerla, dato che ogni volta che lei tornava da un viaggio, trovava una lettera, talvolta anche piuttosto minacciosa, anonima. "Questo è accaduto davvero, ma chi legge il mio romanzo non lo crede mai!", dice. Dopo la pubblicazione del romanzo, comunque, le telefonate sono andate a diminuire (che sia stato anche per l'esaurimento dei brani del celebre artista?) fino a estinguersi, ma l'autore non si è mai rivelato.

"Non sarà anche per questo che hai inventato l'investigatore Florindo Flores?" chiede la presentatrice Simonetta Bitasi.  Florindo Flores è il protagonista di alcuni racconti esilaranti (“Il mistero della sedia a rotelle", "Killer presunto", "Persecuzione infernale”) scritti per il solo gusto di divertirsi e di divertire, vere e proprie parodie del giallo fra situazioni paradossali, cadaveri sbagliati o cadaveri presunti. Il protagonista è un poliziotto in pensione forzato a riprendere il proprio lavoro da un "illustre semiologo" in pena per la propria incolumità. Domanda scontata "Chi si nasconde sotto l'illustre semiologo, un  omone con barba e capelli bianchi, mani pelose, vocione…?”. La Mancinelli risponde, ma tutti abbiamo già capito: dietro a questo "Maestro" non può che esserci Umberto Eco!

Al Festivaletteratura si è vista una Laura Mancinelli con tante idee per la testa, ancora molte cose da dire e da scrivere, soprattutto con quella ironia che ha portato al successo molti dei suoi libri. Del prossimo, che uscirà a gennaio/febbraio edito da Edison, ci anticipa un brano. Parla di Mantova, questa città che ha nel cuore e che rammenta in alcuni dei suoi libri, dove ha vissuto durante la guerra dopo lo sfollamento di Torino. Il racconto che legge parla del suo nono anno vissuto a Mantova. Dove passò "il più bel periodo" della sua vita, come recita un passo: "Compii nove anni, nessuno se ne ricordò, ma io ero felice". Una battuta del brano, a saggio del racconto: parla di quando un bambino cattivo le buttò un pattino nel giardino della villa del famoso pilota Tazio Nuvolari, e lui stesso le venne ad aprire al cancello, con un golf a rombi tipico del periodo, dicendo: “Doveva essere proprio cattivo quel bambino, visto che con un pattino solo, non si può proprio giocare!” “Eh sì!” rispose la piccola Laura, ma ben sapendo che non era vero, dato che i proprietari dei pattini erano lei e suo fratello e ne usavano uno per uno, a mo' di monopattino. Una specie di autobiografia, insomma, racconti della vita dell’autrice. Sicuramente non deluderà il suo pubblico, molto affezionato. "Dalle parole del lettore"  dice lei, come anche in un incontro col circolo dei lettori ci aveva detto Francesco Piccolo "lo scrittore comprende il suo libro molto più di quanto non l'abbia fatto precedentemente".  

 

  Domenica 9 settembre 2001

Teatro Bibiena

EDIPO FA’ PIANO, ovvero:

GIOCATE CON GIOCASTA

Incontro con Stefano Batterzaghi e Carlo Boccadoro

 

  Stefano Bartezzaghi è un enigmista, una di quelle persone che giocano con il linguaggio, che giocano con frasi e parole, le smontano e le ricostruiscono, talvolta divertendosi a stravolgerne il significato. Domenica 9 settembre si è divertito con la lingua italiana davanti alla platea del teatro scientifico di Mantova di cui facevano parte quattro di noi che hanno avuto la fortuna di trovare il biglietto in extremis.

Insieme al pianista Carlo Boccadoro, che accompagnava  al pianoforte, Stefano Bartezzaghi ci ha guidati in un viaggio alla scoperta delle mille sfaccettature della nostra lingua.

Tutto è cominciato da un indovinello:“Che legame c’è tra la metropolitana e l’ enigmistica?”

La risposta sta nella parola OBLITERAZIONE, il cui significato etimologico è “togliere una lettera”. Nel linguaggio dei mezzi di trasporto il significato diventa “togliere validità” (convalidare, quindi, il biglietto della metropolitana), mentre nel linguaggio enigmistico la valenza della parola “obliterazione” è proprio quella etimologica, togliere cioè una lettera da qualsiasi parola. e spesso questo porta a cambiare completamente il significato di ogni parola... Guardate cosa succede coi proverbi:  “DIO LI FA E POI LI ACCOPPA”; per i sordi invece ”CHI SI ACCONTENTA ODE”;e per chi ci sente poco “MAL COMUNE MEZZO AUDIO”, e così via.

Altro gioco linguistico è il “palindromo”, una parola o una frase che può essere letta da sinistra verso destra e da destra verso sinistra. Per esempio la frase I TOPI NON AVEVANO NIPOTI può essere letta in entrambi i sensi e il suo significato non cambia... provare per credere! Ma il palindromo può essere anche un “gioco musicale”, ed ecco Carlo Boccadoro eseguire un breve brano musicale, unico nel suo genere, di Arrigo Boito, prima dall’alto in basso, poi viceversa, tanto è uguale!

E che ne dite se la “Genesi” o “L’infinito” di Leopardi venissero raccontati usando parole con una sola vocale? Ne viene fuori una lingua che non sembra neanche italiano, e il risultato è ad alto effetto comico. Per non parlare degli anagrammi! E’ divertente anagrammare un nome cercando di trovare una frase, un qualcosa che lo descriva. Bartezzaghi ci ha provato con i nomi di alcuni politici. Provate ad anagrammare ”IL REBUS CON IL VISO”, ed avrete il nome di un importantissimo onorevole. Ma in parlamento c’è anche “UN CLERICO BIGOTTO”... trovate voi l’anagramma!

E per finire in bellezza, Bartezzaghi durante il festival si è divertito a chiedere in giro di anagrammare “FESTIVALETTERATURA”. Con il risultato di questa specie di concorso senza vincitori né vinti, Bartezzaghi ha composto vere e proprie filastrocche a tema e non, e l’esito è stupefacente, tanto che viene da chiedersi come possa una sola parola formare centinaia di frasi diverse...

E bravo Bartezzaghi!!

   

...Il tutto era condito dalla magia di una città in festa. Una festa che ci è entrata nel cuore. Se dovessimo parlare di questi due giorni ad un ragazzo della nostra età, gli diremmo: “Eppure, non ci crederai mai, ma ci siamo divertiti imparando!”; e gli consiglieremmo di fare come noi e come tutti quelli che hanno visitato il  festivaletteratura di Mantova: metti da parte il pregiudizio che letteratura = scuola = obbligo = non ci penso neanche!!! e fatti una nuova idea: quella che Mantova = letteratura = non me l’aspettavo, quasi quasi ci torno anche il prossimo anno!